Giuliana
Carbi
Per liberi
spazi
Luciana Cicogna inizia a dipingere giovanissima.
Dopo aver frequentato la scuola d’Arte, iscrittavi
dal padre che vorrebbe continuase la spendila tradizione
familiare nel restauro dei mobili antichi, studia all’Accademia
con Giuseppe Santomaso negli anni della rivolta studentesca.
Entro la
metà degli anni Settanta, quando comincia ad esporre
in personali, presa coscienza del dibattito sulla pittura
grazie soprattutto a Mario De Luigi, che ha occasione di
conoscere in un corso estivo a Salisburgo, guardaa a Melotti,
Fontana, Novelli, o alla pittura-pittura, a Verna e colleghi:
tende fin dall’esordio all’astratto per vocazione
interiore. Forse per contrasto con il mondo pieno della
decorazione artistica, esige un azzeramento, elimina dai
dipinti anche ogni allusione a tre dimensioni. Da sempre
la sua caratteristica dominante è infatti la composizione
per zone di colore ritagliate come segnali nel campo pittorico.
Personaggi lirici o scene di un teatro immaginario; paesaggi
ipotetici di Flatalandia; cieli, molti cieli nel fondo:
Luciana Cicogna ci guida impercettibilmente ad interpretare
come figure queste forme geometriche, quasi armate alla
battaglia contro la materia e il peso.
Privilegia
l’acquerello non a caso. Esige infatti trasparenze
e colori tenui; vuole tradurre, in forma di sospeso appunto,
la sensazione dell’attimo vissuto più magicamente.
Poligoni lucenti incastonati in altri più densi,
ordinatamente casuali sul fondo dove l’acqua domina
la carta o il colore è magro sulla tela.
Sono collages virtuali. Nascono da una prova e riprova di
colore e di forma. Luciana Cicogna infatti non usa disegni
preparatori: scopre l’equilibrio compositivo e cromatico
utilizando una serie di materiali e carte che prepara lei
stessa e taglia irregolarmente. Sono prevalentemente quadrati
o rettangoli, la cui anima interna, colorata con textures
particolari e acquose, ha “consunto”la linea
retta dei lati: li posizione e li riposiziona.
E’ soltanto quando sembra fissarsi una serie intensa
di relazioni reciproche tra questi frammenti, prima autonomi,
che da questo inizio, la cui regola è l’immediatezza,
trascrive nell’opera il fragile equilibrio fra le
forme e i colori, instauratosi come una sicura certezza.
Ecco che dentro ai bordi marcati di questi collages apparenti
si palesa l’intensità dell’attimo, si
anima la vita e vi reta conchiusa, vi resta protetta e sospesa:
la simmetria viene proposta e contraddetta, il colore trasparente
affronta quello coprente, la forma regolare include elementi
di forte irregolarità.
Ma sono
“protagoniste”queste figure che talvolta devono
legarsi tra loro grazie a elementi segnici che assomigliano
a corde o che si pintellano l’una all’altra,
perfino si “inchiodano” a parti che danno più
l’impressione di essre un terreno all’orizzonte?Perchè
galleggiano sospese, comunque, piatte isole quadrate improbabili
con i loro confini invalicabili marcatissimi, senza modo
di ancorarsi definitivamente, di fermare alcunché?
Sembrano consistenti, sembrano presenti al mondo, proprio
così e non altrimenti composte, mentre un soffio
potrebbe renderne critico l’ordine interno, mescolarle
o farle cadere - ma dove? – come un castello di carte:
sembrano che abbiano fondatezza perché l’elemento-collage,
per quanto virtuale, è il risultato di una affermazione
radicale di posizione.
Come dunque
– sembrano chiederci nel loro più profondo
stato le opere di Luciana Cicogna – in un mondo reale,
disordinatamente ostile, la cui contraddizione insanabile
è quella di chiedere la certezza vitale di una riconoscibilità
relativa e di negare nel contempo una stabilità di
posizione all’interno del mutamento continuo della
vita, è possibile preservare la Spontaneità?:aprono
una complessa domanda esistenziale con la leggerezza consueta
solo alle larghè falde del mondo fantastico.
Febbraio 1997